Secondo la mitologia classica, l’Abruzzo è fortemente legato al culto pagano della dea Maia, tradizione antica che immortala una drammatica vicenda umana in un paesaggio fantastico attraverso un racconto surreale. La ninfa Maia, gigantesca figlia di Atlante, amata da Zeus ebbe un figlio, Ermete, un gigante bellissimo e battagliero. Maia fuggì dalla Frigia per portare in salvo suo figlio ferito gravemente in battaglia e inseguito dal nemico; dopo un naufragio con una zattera attraversò il mare Adriatico, sbarcò sulla costa abruzzese e temendo di essere raggiunta prese in braccio Ermete e continuò la sua fuga fino al Gran Sasso, dove trovò rifugio in una caverna.
Purtroppo però il giovane Ermete poco dopo morì lasciando sua madre in un pianto disperato. Maia seppellì il corpo del gigante sulla vetta più alta del monte e continuò a vegliarlo piegata nel suo dolore alle sue pendici. Secondo la tradizione mitologica osservando il Gran Sasso da levante verso ponente appare chiaramente come la vetta del Corno Grande incarni le sembianze di un gigantesco volto umano assopito in un sonno eterno; cosicchè il Gran Sasso d’Abruzzo fu denominato dagli antichi “il Ciclope di Pietra”, e la vetta gigantesca che si estende a partire dalle sue pendici come “la Madre Maiella”. Nel primo novecento, secondo l’immaginario poetico di Gabriele D’annunzio, in virtù di un magico incanto il gigante di pietra assunse le sembianze di una fanciulla leggiadra e prosperosa, romanticamente denominata da lui come “La bella Addormentata”.